29 Luglio 2009
Ringraziando la Lonely Planet per l’aiuto negli ultimi post… oggi non possiamo far altro che descrivere la giornata più attesa di questa vacanza: il rafting sul temibile Jokulsa Austari, tempio internazionale di questo sport!!!
Indecisi se saltare la colazione, per evitare spiacevoli inconvenienti lungo il fiume impetuoso, o se abbuffarsi come al solito, visto che di sicuro avremmo saltato il pranzo, (lascio a voi immaginare la semplice soluzione al dilemma….) ci siamo diretti verso la zona di ritrovo, piuttosto lontana dal nostro alloggio visto che il suicidio era previsto per il giorno precedente: ma non potevamo certo perderci quest’avventura, per la quale ci eravamo spacciati come esperti del ramo scegliendo il tour più da professionisti tra i due possibili!
La prima cosa che si deve notare al momento della partenza è sicuramente la composizione della propria squadra: eravamo in compagnia di due giovani islandesi (good thing) e di una coppia di tedeschi (lei da brava crucca con due braccia da carpentiere, lui, per il solo fatto che si è presentato a fare rafting con gli occhiali, è stato da subito individuato come l’anello debole del gruppo). La nostra guida era invece un ragazzo inglese, non tanto a posto con la testa come credo tutti quelli che fanno questo mestiere… A sottolineare il fatto che questo fiume è realmente considerato come uno dei più famosi al mondo per il rafting come istruttori degli altri equipaggi c’erano tre nepalesi (immagino indiscussi fenomeni della specialità), un altro inglese e una sudafricana.Dopo un’attenta spiegazione delle varie regole di sicurezza (puntualmente disattese lungo tutta la giornata) e dell’armamentario in dotazione ci siamo vestiti di tutto punto, facendo una fatica immane visto l’inevitabile aderenza che queste tute isolanti devono avere: il risultato è la replica delle penose Tutine di Zelig…
Indecisi se saltare la colazione, per evitare spiacevoli inconvenienti lungo il fiume impetuoso, o se abbuffarsi come al solito, visto che di sicuro avremmo saltato il pranzo, (lascio a voi immaginare la semplice soluzione al dilemma….) ci siamo diretti verso la zona di ritrovo, piuttosto lontana dal nostro alloggio visto che il suicidio era previsto per il giorno precedente: ma non potevamo certo perderci quest’avventura, per la quale ci eravamo spacciati come esperti del ramo scegliendo il tour più da professionisti tra i due possibili!
La prima cosa che si deve notare al momento della partenza è sicuramente la composizione della propria squadra: eravamo in compagnia di due giovani islandesi (good thing) e di una coppia di tedeschi (lei da brava crucca con due braccia da carpentiere, lui, per il solo fatto che si è presentato a fare rafting con gli occhiali, è stato da subito individuato come l’anello debole del gruppo). La nostra guida era invece un ragazzo inglese, non tanto a posto con la testa come credo tutti quelli che fanno questo mestiere… A sottolineare il fatto che questo fiume è realmente considerato come uno dei più famosi al mondo per il rafting come istruttori degli altri equipaggi c’erano tre nepalesi (immagino indiscussi fenomeni della specialità), un altro inglese e una sudafricana.Dopo un’attenta spiegazione delle varie regole di sicurezza (puntualmente disattese lungo tutta la giornata) e dell’armamentario in dotazione ci siamo vestiti di tutto punto, facendo una fatica immane visto l’inevitabile aderenza che queste tute isolanti devono avere: il risultato è la replica delle penose Tutine di Zelig…
Se non postiamo altre foto oltre a questa non è perché abbiamo buon gusto, ma perché chiaramente non era molto fattibile scattare fotografie lungo il tragitto. Nonostante la descrizione del percorso che ci siamo trovati di fronte non fosse delle più rassicuranti
possiamo comunque affermare senza supponenza che forse ci aspettavamo rapide più impegnative: da neofiti andavano più che bene, sia chiaro, ma forse ci hanno portato nella parte di fiume più “tranquilla”. Non sono però mancati momenti elettrizzanti, passaggi impegnativi a tal punto da ribaltare anche l’intero gommone con escursioni sott’acqua dei partecipanti tra cui il sottoscritto, letteralmente pescato da un salvagente lanciato da chissà chi (è l’ultima cosa che guardi quando sei in balia della corrente di un fiume glaciale….). I nostri tentativi di gettare in acqua i due tedeschi, vista la loro incapacità di pagaiare a tempo con tutti gli altri, sono risultati vani fino a quando una rapida ha scaraventato fuori dal gommone l’occhialuto, ritrovato più a valle con la pesca a strascico.
Siccome non bastava tentare di uccidersi scendendo il fiume la nostra guida ci ha proposto un semplice salto di otto metri da una rupe, cosa che il nostro orgoglio maschile ha accettato senza pensarci un attimo! L’impatto con l’acqua dovuto al nostro stile impeccabile ci ha causato un dolore al fondoschiena mai provato prima (almeno io, gli altri non so….;)).
Alla fine, dopo 5 ore di pagaiate, rapide, vento e acqua ogni muscolo del corpo si è rifiutato di collaborare e si è rivalso nelle ore successive, nonostante avessimo in programma 422 km rilassanti in macchina per raggiungere Isafjordur come defaticante…..
Non c’è bisogno di spiegare in che condizioni ci siamo presentati alla reception dell’albergo! Tuttavia lo sforzo fatto ne è valso veramente la pena, tanto che al nostro ritorno cercheremo sicuramente di organizzare una cosa simile in ValSesia: se qualcuno di voi vorrà aggiungersi non ne sarà deluso!
Bresso
Mentre i ragazzi cercano invano di uccidersi, io mi dedico alla ben più tranquilla, ma ugualmente appagante, equitazione (ho così evitato per la seconda volta il bagnetto gelato a cui loro invece non sanno rinunciare…)
I cavalli islandesi scopro essere famosi in tutto il mondo grazie al loro buon carattere e ad alcune peculiarità che li rendono unici: non vanno al trotto e al galoppo ma hanno degli stili propri e in più sono particolarmente dotati negli spostamenti in questa terra ricca di fiumi, strade sconnesse e sassose.
Ho deciso di fare un’escursione di 3 ore, di più mi dicono potrebbe compromettere la mia vacanza provocandomi dolori poco piacevoli e duraturi al fondo schiena.
Sono fortunata perché pare io sia l’unica ad aver scelto questo percorso e ho una guida tutta per me, Daisy giovane ragazza austriaca qui in Islanda per un lavoro estivo e da sempre appassionata di cavalli. Mi accoglie con un grande sorriso che non ha mai smesso di fare, è molto gentile e rassicurante, in pratica per darvi un’idea sono andata a cavallo con la principessa Sissi...
Mi mostra il mio cavallo bianco e mi dice che si chiama come un personaggio delle favole tradizionali islandesi…me lo sono fatto ripetere 3 volte ma dopo 1 minuto già il nome mi era sfuggito…ricordo solo che era molto carino... Sissi mi dice che ha scelto questo cavallo per me perché è molto docile e tranquillo, insomma non dovrei correre alcun pericolo, mi chiede se ho esperienza con i cavalli e io ovviamente fingo sicurezza vantandomi delle mie 10 lezioni prese con scarsi risultati circa 2 anni fa...
Montiamo in sella e ci incamminiamo in mezzo alla natura, costeggiamo il fiume, una cascata ed ecco subito la prima difficoltà: un guado. Sissi mi rassicura dicendomi di starle dietro in modo che il mio cavallo possa imitare il suo, entra decisa nel fiume ed ecco che iniziano i problemi…il mio cavallo punta i piedi e si inchioda sulla riva, non ne vuole saperne di lasciare casa. La guida mi chiede di colpire con i piedi il cavallo, ci metto tutta la mia forza slogandomi entrambe le caviglie ma il cavallo non sembra nemmeno accorgersi che lo sto toccando…insomma si è subito capito che non avevo un gran potere sull’animale e che chi comandava era ovviamente il mio cavallo J
Dopo innumerevoli tentativi la guida decide di legare i due cavalli e con impeto ci trascina nelle acque piuttosto impetuose, iniziamo bene…Fortunatamente, superato il trauma, il mio cavallo ha ritrovato il suo carattere mansueto e ho passato una splendida mattinata.
I cavalli islandesi scopro essere famosi in tutto il mondo grazie al loro buon carattere e ad alcune peculiarità che li rendono unici: non vanno al trotto e al galoppo ma hanno degli stili propri e in più sono particolarmente dotati negli spostamenti in questa terra ricca di fiumi, strade sconnesse e sassose.
Ho deciso di fare un’escursione di 3 ore, di più mi dicono potrebbe compromettere la mia vacanza provocandomi dolori poco piacevoli e duraturi al fondo schiena.
Sono fortunata perché pare io sia l’unica ad aver scelto questo percorso e ho una guida tutta per me, Daisy giovane ragazza austriaca qui in Islanda per un lavoro estivo e da sempre appassionata di cavalli. Mi accoglie con un grande sorriso che non ha mai smesso di fare, è molto gentile e rassicurante, in pratica per darvi un’idea sono andata a cavallo con la principessa Sissi...
Mi mostra il mio cavallo bianco e mi dice che si chiama come un personaggio delle favole tradizionali islandesi…me lo sono fatto ripetere 3 volte ma dopo 1 minuto già il nome mi era sfuggito…ricordo solo che era molto carino... Sissi mi dice che ha scelto questo cavallo per me perché è molto docile e tranquillo, insomma non dovrei correre alcun pericolo, mi chiede se ho esperienza con i cavalli e io ovviamente fingo sicurezza vantandomi delle mie 10 lezioni prese con scarsi risultati circa 2 anni fa...
Montiamo in sella e ci incamminiamo in mezzo alla natura, costeggiamo il fiume, una cascata ed ecco subito la prima difficoltà: un guado. Sissi mi rassicura dicendomi di starle dietro in modo che il mio cavallo possa imitare il suo, entra decisa nel fiume ed ecco che iniziano i problemi…il mio cavallo punta i piedi e si inchioda sulla riva, non ne vuole saperne di lasciare casa. La guida mi chiede di colpire con i piedi il cavallo, ci metto tutta la mia forza slogandomi entrambe le caviglie ma il cavallo non sembra nemmeno accorgersi che lo sto toccando…insomma si è subito capito che non avevo un gran potere sull’animale e che chi comandava era ovviamente il mio cavallo J
Dopo innumerevoli tentativi la guida decide di legare i due cavalli e con impeto ci trascina nelle acque piuttosto impetuose, iniziamo bene…Fortunatamente, superato il trauma, il mio cavallo ha ritrovato il suo carattere mansueto e ho passato una splendida mattinata.
La passeggiata alla fine è durata 4 h perché io e Sissi abbiamo piacevolmente passeggiato a cavallo fianco a fianco spettegolando per 2 ore buone, chiacchierando del più e del meno e sparlando dei ragazzi che da bravi spacconi sono andati a fare rafting solo per provare di essere dei ‘duri’, insomma essendo coetanee ci siamo subito trovate in sintonia.
Ho provato anche l’andatura veloce di questi cavalli, una via di mezzo tra il nostro trotto e il galoppo ma molto più ‘comodo’ (probabilmente per i veterani è come essere in poltrona, per me è stato comunque traumatizzante per ogni singolo muscolo del corpo) è stato faticoso ma molto molto divertente J L’Islanda è perfetta per l’equitazione, distese fiorite, fiumi da guadare e sabbia morbida da calpestare, insomma è stato veramente rilassante e piacevole, un’esperienza che consiglio a chi cerca il vero contatto con la natura.
Sabry
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